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Volodyk - Paolini3-Brisingr

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 Volodyk - Paolini3-Brisingr
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Paolini3-Brisingr
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Описание книги "Paolini3-Brisingr"

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«Stenr rïsa?»

«Esatto.»

Roran guardò il sasso che teneva nel palmo con un'espressione concentrata che rammentò a Eragon i giorni del proprio addestramento con Brom. Provò una fitta di nostalgia ricordando quando il vecchio cantastorie lo allenava senza dargli tregua. Roran aggrottò le sopracciglia, serrò le labbra e ringhiò «Stenr rïsa!» con una tale potenza che Eragon pensò che il sasso sarebbe schizzato via dalla paura.

Non accadde nulla.

Con la fronte sempre più aggrottata, Roran ripeté il comando: «Stenr risa!»

Il sasso diede prova di una profonda mancanza di collaborazione.

«Be'» disse Eragon, «continua a provarci. È l'unico consiglio che posso darti. Ma...» e alzò un dito in segno di ammonimento «... se per caso ci riuscissi, vieni subito da me, o se io non sono nei dintorni, rivolgiti a un altro mago. Potresti uccidere te stesso o qualcun altro se prendi a fare esperimenti con la magia senza conoscerne le regole. E ricorda: se pronunci un incantesimo che richiede troppa energia, muori. Non fare niente che vada oltre le tue possibilità, non cercare di riportare in vita i morti, e non cercare di disfare niente.»

Roran annuì, lo sguardo ancora fisso sulla pietra.

«Magia a parte, mi sono appena ricordato che c'è qualcosa di molto più importante che devi imparare.»

«Ah, sì?»

«Sì. Devi essere capace di nascondere i tuoi pensieri alla Mano Nera, al Du Vrangr Gata, e agli altri come loro. Adesso possiedi molte informazioni che potrebbero nuocere ai Varden. È essenziale, quindi, che impari bene a celarle non appena saremo tornati. Finché non saprai difenderti dalle spie, né Nasuada né io né nessun altro potrà affidarti informazioni che potrebbero aiutare i nostri nemici.»

«Capisco. Ma perché hai incluso il Du Vrangr Gata in questa lista? È al servizio tuo e di Nasuada.»

«È vero, ma anche fra i nostri alleati ci sono molti che darebbero il braccio destro...» sorrise per la sottigliezza della frase «... pur di scoprire i nostri piani e i nostri segreti. E anche i tuoi, sappilo. Sei diventato qualcuno, Roran. In parte per le tue gesta, in parte perché siamo parenti.»

«Lo so. È strano essere riconosciuti da qualcuno che non hai mai visto prima.»

«Appunto.» Gli venne la tentazione di fare molte altre osservazioni pertinenti, ma si trattenne; l'argomento meritava di essere approfondito un'altra volta. «Ora che sai cosa significa sentirsi toccati da una mente estranea, dovresti imparare a espandere la tua e a toccare le altre.»

«Non sono sicuro di volerlo imparare.»

«Non importa: potresti anche non essere capace di farlo. Ma prima di scoprirlo, devi imparare a difenderti.»

Il cugino inarcò un sopracciglio. «Come?»

«Scegli qualcosa... un suono, un'immagine, un'emozione, qualsiasi cosa... e lascia che cresca nella tua mente fino a bloccare ogni altro pensiero.»

«Tutto qui?»

«Non è facile come credi. Avanti. Provaci. Quando ti senti pronto, fammelo sapere e io vedrò se ci riesci davvero.»

Passarono alcuni minuti. Poi, a un cenno delle dita di Roran, Eragon dilatò la propria coscienza verso il cugino, desideroso di scoprire fino a che punto era arrivato.

Il raggio mentale lanciato a piena potenza da Eragon andò a urtare contro il muro composto dai ricordi che Roran aveva di Katrina e si fermò. Non riusciva a trovare una breccia, nessun varco o cedimento, nessun modo per infiltrarsi nell'impenetrabile barriera che si trovava davanti. In quel momento l'intera identità di Roran era fondata sui suoi sentimenti per Katrina: le sue difese erano più forti di tutte quelle che Eragon aveva incontrato prima, perché la mente di Roran era priva di qualsiasi altra cosa che Eragon potesse afferrare o usare per ottenere il controllo sul cugino.

Poi Roran spostò la gamba sinistra e dal legno del tronco si levò un sonoro scricchiolio.

A quel punto, il muro contro cui Eragon aveva urtato si disintegrò in decine di frammenti, mentre un'orda di pensieri estranei distraeva Roran: Che cosa è stato... maledizione! Non farci caso... entrerà. Katrina, ricordati di Katrina. Ignora Eragon. La notte in cui ha accettato di sposarmi, il profumo dell'erba e dei suoi capelli... È lui? No! Concentrati! Non...

Approfittando della confusione di Roran, Eragon entrò di slancio nella sua mente e con la forza di volontà immobilizzò Roran prima che potesse schermarsi.

Hai compreso il concetto principale, disse Eragon, poi si ritrasse dalla mente del cugino, e ad alta voce continuò: «... ma devi imparare a mantenere la concentrazione anche se ti trovi nel cuore di una battaglia. Devi imparare a pensare senza pensarci... a svuotare la mente da ogni speranza o angoscia, tranne l'idea che è la tua armatura. Una cosa che mi hanno insegnato gli elfi, e che ho trovato utile, è recitare un indovinello, una poesia o una canzone. Avere qualcosa che puoi ripetere all'infinito ti aiuta a impedire alla mente di divagare.»

«Ci proverò» promise Roran.

In tono più dolce, Eragon disse: «La ami molto, vero?» La sua era più una constatazione che una domanda - la risposta era ovvia - che non era nemmeno sicuro di voler fare. L'amore era un argomento che Eragon non aveva mai affrontato col cugino prima, nonostante le molte ore trascorse insieme negli anni passati, a chiacchierare dei pregi delle giovani donne di Carvahall e dintorni. «Com'è successo?»

«Lei mi piaceva. Io piacevo a lei. A che cosa servono i dettagli?»

«Coraggio» lo esortò Eragon. «Ero troppo arrabbiato per chiedertelo prima che partissi per Therinsford, e non ci siamo più visti fino a quattro giorni fa. Sono curioso.»

La pelle intorno agli occhi di Roran si stirò e si raggrinzì mentre lui si massaggiava le tempie. «Non c'è molto da dire. Ho sempre avuto un debole per lei. Non ci pensavo prima di diventare uomo, ma dopo i riti di passaggio ho cominciato a chiedermi chi avrei sposato, chi avrei voluto come madre dei miei figli. Durante una delle nostre visite a Carvahall, vidi Katrina fermarsi davanti alla casa di Loring per cogliere una rosa muscosa che cresceva all'ombra delle grondaie. Sorrise mentre guardava il fiore... Era un sorriso così dolce, così felice, che in quell'istante ho deciso che volevo farla sorridere ancora, e ancora, e che avrei voluto vedere quel sorriso fino alla fine dei miei giorni.» Lacrime gli brillarono negli occhi, ma non caddero, e un istante dopo Roran batté le palpebre e le lacrime svanirono. «Ho paura di aver fallito.»

Dopo un'opportuna pausa, Eragon disse: «L'hai corteggiata? A parte avermi usato come messaggero con Katrina, cos'altro hai fatto?»

«Mi fai delle domande come se cercassi istruzioni.»

«Non è vero. Stai fantasticando...»

«Abbi coraggio tu, ora» disse Roran. «Lo capisco quando menti. Ti viene quel sorrisetto da stupido e ti diventano rosse le orecchie. Gli elfi possono averti dato un volto nuovo, ma non sei del tutto cambiato. Cosa c'è fra te e Arya?»

La potenza dell'intuito di Roran turbò Eragon. «Niente! La luna ti ha annebbiato il cervello.»

«Sii sincero. Pendi dalle sue labbra come se ogni sua parola fosse un diamante, e la guardi come un morto di fame guarderebbe una tavola imbandita.»

Un filo di fumo grigio esalò dalle narici di Saphira, accompagnato da un rombo soffocato.

Eragon ignorò la risata repressa del drago e disse: «Arya è un'elfa.»

«E molto bella. Orecchie a punta e occhi a mandorla sono difetti perdonabili se paragonati al suo fascino. Anche tu somigli a un gatto, adesso.»

«Arya ha più di cento anni.»

Questa nuova informazione colse Roran di sorpresa. Sgranò gli occhi ed esclamò: «Incredibile! Sembra poco più di un'adolescente.»

«Infatti.»

«Be', sono ragioni, quelle che mi stai dando, Eragon, ma il cuore di rado segue la ragione. Insomma, ti piace o no?»

Se gli piacesse ancora un altro po', disse Saphira a entrambi, mi ritroverei a tentare di baciare Arya io stessa.

Saphira! Mortificato, Eragon sferrò una pacca sulla zampa della dragonessa.

Roran capì che non era il caso di stuzzicare oltre il cugino. «Allora rispondi alla mia prima domanda e dimmi come stanno le cose fra te e Arya. Hai parlato con lei o con la sua famiglia di questa cosa? Ho scoperto che non è saggio lasciar incancrenire questi argomenti.»

«Sì» rispose Eragon, fissando il bastone di biancospino levigato. «Ho parlato con lei.»

«E il risultato?» Quando Eragon non rispose subito, Roran si lasciò sfuggire un'esclamazione delusa. «Estorcerti le risposte è più difficile che tirar fuori Birka dal fango.» Eragon sorrise al nome di Birka, uno dei loro cavalli da tiro. «Saphira, ci pensi tu a risolvere questo enigma? Altrimenti temo che non riuscirò mai a ottenere una spiegazione soddisfacente.»

«Nessun risultato. Nulla di nulla. Lei non mi vuole.» Eragon parlò con distacco, come se stesse commentando la sventura di un altro, ma dentro gli ribolliva un torrente di dolore così forte e impetuoso che Saphira si ritrasse da lui.

«Mi dispiace» disse Roran.

Eragon si sforzò di deglutire per sciogliere il groppo che gli serrava la gola, il macigno che gli gravava sul cuore, il viluppo che gli annodava lo stomaco. «Succede.»

«Forse adesso ti sembra impossibile» disse Roran, «ma sono sicuro che incontrerai un'altra donna che ti farà dimenticare questa Arya. Ci sono moltissime ragazze... e anche qualche donna sposata, scommetto... che darebbero qualunque cosa per catturare l'attenzione di un Cavaliere. Non avrai nessuna difficoltà a trovare una moglie fra le tante bellezze di Alagaësia.»

«E tu che cosa avresti fatto, se Katrina avesse rifiutato la tua corte?»

La domanda zittì Roran: era chiaro che non riusciva a immaginare come avrebbe reagito in quel caso.

Eragon continuò. «Al contrario di quello che tu, Arya e chiunque altro sembrate pensare, io so che esistono altre donne desiderabili in Alagaësia e che le persone possono innamorarsi più di una volta nella vita. Senza dubbio, se passassi i miei giorni in compagnia delle dame della corte di re Orrin, alla fine potrei invaghirmi di una di loro. Ma il mio cammino non è così facile. Anche se riuscissi a deviare il mio affetto su di un'altra... e il cuore, come hai osservato, è una bestia notoriamente volubile... la domanda è sempre la stessa: sarebbe giusto?»

«La tua lingua è diventata contorta come le radici di un fico» disse Roran. «Parla chiaro.»

«D'accordo. Quale donna umana potrebbe anche solo cominciare a capire chi e cosa sono, o l'entità dei miei poteri? Chi potrebbe condividere la mia vita? Direi pochissime, forse soltanto una delle maghe. E in questo gruppo ristretto, o fra le donne in generale, quante sono immortali?»

Roran scoppiò in una risata fragorosa che riecheggiò nella conca. «Sarebbe come chiedere la luna, o...» S'interruppe di colpo. I suoi muscoli si tesero come se dovesse spiccare un balzo, poi rimase impietrito. «Non sarai...?»

«Sì.»

Roran si sforzò di trovare le parole. «È una conseguenza del tuo mutamento a Ellesméra o del fatto di essere un Cavaliere?»

«È una conseguenza del fatto di essere Cavaliere.»

«Questo spiega perché Galbatorix non è morto.»

«Già.»

Il ramo che Roran aveva aggiunto al fuoco si spezzò con un leggerissimo schiocco. La brace doveva aver riscaldato il legno nodoso in un punto dove una piccola sacca d'acqua o di linfa, sfuggita chissà come ai raggi del sole per molti decenni, era esplosa in vapore.

«L'idea è così... enorme da essere quasi inconcepibile» disse Roran. «La morte fa parte di quello che siamo. Ci guida. Ci forgia. Ci fa impazzire. Puoi ancora essere umano se non sei più mortale?»

«Non sono invincibile» precisò Eragon. «Posso ancora morire per un colpo di spada o di freccia. E posso ancora ammalarmi di un morbo incurabile.»

«Ma se eviti questi pericoli, vivrai per sempre.»

«Se li evito, sì. Io e Saphira continueremo a esistere.»

«Suona come una benedizione e una condanna al tempo stesso.»

«Già. Ecco perché in tutta onestà non posso sposare una donna che invecchierà e morirà mentre io resto inalterato nel tempo; una simile esperienza sarebbe crudele per entrambi. D'altro canto, trovo alquanto deprimente il pensiero di prendere una moglie dopo l'altra nel corso dei secoli.»

«E non puoi rendere qualcuno immortale con la magia?» chiese Roran. «Si possono annerire i capelli bianchi, spianare le rughe e togliere le cataratte, e se proprio vuoi esagerare, puoi regalare a un sessantenne il corpo che aveva a vent'anni. Ma gli elfi non hanno mai scoperto il modo di ringiovanire la mente di una persona senza distruggere i suoi ricordi. E chi vorrebbe mai cancellare la propria identità di tanto in tanto, in cambio dell'immortalità? Quello che continuerebbe a vivere sarebbe un estraneo. E nemmeno un cervello vecchio in un corpo giovane è la soluzione, perché anche una salute di ferro... ciò di cui siamo fatti noi umani può durare soltanto un secolo o poco più. Né si può arrestare l'invecchiamento. Questo implica tutta una serie di altri problemi... Oh, gli elfi e gli umani hanno tentato in mille modi diversi di sconfiggere la morte, ma nessuno ha avuto successo.»

«In altre parole» disse Roran, «per te è più sicuro amare Arya che lasciare il cuore libero perché lo conquisti una donna umana.»

«Chi altri potrei sposare se non un'elfa? Soprattutto considerato il mio aspetto.» Eragon frenò l'istinto di sfiorare le estremità puntute delle sue orecchie, un gesto diventato ormai un'abitudine. «Quando vivevo a Ellesméra, mi era facile accettare il cambiamento che i draghi mi avevano imposto. In fondo mi avevano elargito molti altri doni. E poi gli elfi si sono dimostrati più amichevoli nei miei confronti dopo l'Agaetí Blödhren. È stato solo quando sono tornato dai Varden che mi sono reso conto di quanto ero cambiato... E questo mi turba: non sono più soltanto un umano, ma non sono ancora nemmeno un elfo. Sono a metà strada: un misto, un mezzosangue.»

«Su col morale!» esclamò Roran. «Non preoccuparti di vivere per sempre. Galbatorix, Murtagh, i Ra'zac o perfino uno dei soldati imperiali potrebbe trafiggerci da un momento all'altro. Un uomo saggio dovrebbe ignorare il futuro e bere e festeggiare mentre ha ancora l'opportunità di godere di questo mondo.»

«So che cosa avrebbe ribattuto papà.»


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