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Volodyk - Paolini2-Eldest

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 Volodyk - Paolini2-Eldest
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Paolini2-Eldest
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Описание книги "Paolini2-Eldest"

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Sei diventato saggio, osservò Saphira.

Saggio? Eragon scosse il capo. No, ho soltanto imparato a pensare. Questa è stata la lezione di Oromis. Eragon ripulì da uno strato di sporco il volto di un giovanissimo portabandiera, per assicurarsi che fosse morto, poi si raddrizzò, facendo una smorfia quando i muscoli protestarono con una fitta. Ti rendi conto che Brom doveva sapere tutto questo, vero? Perché altrimenti avrebbe scelto di nascondersi a Carvahall mentre aspettava che tu nascessi? Voleva tenere d'occhio il figlio del suo nemico. Lo turbava pensare che Brom l'avesse potuto ritenere una minaccia. E aveva ragione. Guarda che cosa mi è successo!

Saphira gli arruffò i capelli con una ventata d'alito caldo. Ricorda però una cosa: quali che fossero le ragioni di Brom, lui ha sempre cercato di proteggerci dal pericolo. È morto per salvarti dai Ra'zac.

Lo so... Credi che non me l'abbia detto perché temeva che potessi emulare Morzan, come ha fatto Murtagh? Certo che no.

Lui la guardò, incuriosito. Come fai a esserne tanto sicura? Lei alzò il capo, rifiutandosi di incontrare il suo sguardo o di rispondere. Pensala come vuoi, allora. Inginocchiandosi accanto a uno degli uomini di re Orrin, che aveva un freccia conficcata nel ventre, Eragon gli bloccò le braccia per impedirgli di contorcersi. «Calmati.»

«Acqua» si lamentò l'uomo. «Per amor del cielo... un po' d'acqua. Ho la gola secca come... sabbia. Ti prego, Ammazzaspettri.» Il sudore gli imperlava il viso.

Eragon sorrise, tentando di confortarlo. «Posso darti da bere subito, ma sarebbe meglio aspettare che ti abbia guarito. Ce la fai? Dopo, ti prometto che potrai avere tutta l'acqua che vuoi.»

«Me lo prometti, Ammazzaspettri?»

«Te lo prometto.»

L'uomo fremette per un'altra ondata di dolore prima di dire: «Va bene.»

Con l'aiuto della magia, Eragon estrasse la freccia, poi insieme a Saphira si adoperò per riparare gli organi interni dell'uomo, usando parte dell'energia dell'uomo stesso per alimentare l'incantesimo. Ci vollero parecchi minuti. Dopo, l'uomo si esaminò la pancia, si premette le mani sulla pelle intatta, poi guardò Eragon, con gli occhi colmi di lacrime. «Io... Ammazzaspettri, tu...»

Eragon gli porse la sua borraccia. «Tieni, bevi. Ne hai molto più bisogno di me.»

Cento iarde più in là, Eragon e Saphira superarono un muro di fumo acre e trovarono Orik e altri dieci nani - fra cui alcune donne - accovacciati intorno alla salma di Rothgar, adagiato su quattro scudi, risplendente nella sua armatura d'oro. I nani si strappavano i capelli e si picchiavano il petto, rivolgendo le loro lamentazioni al cielo. Eragon chinò la testa e mormorò: «Stydja unin mor'ranr, Rothgar Kònungr.»

Dopo un po', Orik li notò e si alzò, il viso rosso di pianto, la treccia della barba disfatta. Barcollò verso Eragon e senza tante cerimonie chiese: «Hai ucciso il responsabile di questa tragedia?»

«È fuggito.» Eragon non riuscì a spiegare che il Cavaliere era Murtagh.

Orik si battè un palmo con il pugno. «Barzuln!»

«Ma ti giuro su ogni pietra di Alagaésia che come membro del Dùrgrimst Ingietum farò di tutto per vendicare la morte di Rothgar.»

«Sì, Eragon. Tu sei il solo, oltre agli elfi, abbastanza forte da eliminare quel maledetto assassino. E quando lo troverai. .. riduci le sue ossa in polvere, strappagli i denti e versagli piombo fuso nelle vene, perché soffra ogni minuto di vita che ha rubato a Rothgar.»

«Non è stata una buona morte? Rothgar non avrebbe voluto morire in battaglia, con Volund in mano?» «In battaglia, certo, affrontando un nemico faccia a faccia. Non ucciso dal trucco di uno stregone...» Scuotendo la testa, Orik volse lo sguardo verso Rothgar, poi incrociò le braccia e abbassò il mento sul petto. Trasse alcuni respiri affannati. «Quando i miei genitori morirono di vaiolo, Rothgar mi ridiede la vita. Mi accolse nel suo palazzo. Mi nominò suo erede. Perderlo...» Orik si strinse la punta del naso fra il pollice e l'indice, per coprirsi il volto. «Perderlo è come perdere mio padre un'altra volta.»

Il dolore nella sua voce era così evidente che Eragon sentì di condividere il cordoglio del nano. «Ti capisco» disse. «Lo so, Eragon... Lo so.» Dopo un momento, Orik si asciugò gli occhi e indicò i dieci nani. «Prima di qualunque altra cosa, dobbiamo riportare Rothgar nel Farthen Dùr, perché possa essere sepolto con i suoi predecessori. Il Dùrgrimst Ingietum dovrà poi scegliere un nuovo grimstborith, e poi i tredici capiclan, compresi quelli che vedi qui, sceglieranno il nostro nuovo re fra di loro. Quello che accadrà dopo, non lo so. Questa tragedia rafforzerà alcuni clan e volgerà altri contro la nostra causa...» Scrollò di nuovo il capo.

Eragon gli posò una mano sulla spalla. «Non preoccuparti di questo, per ora. Non devi far altro che chiederlo, e il mio braccio e la mia volontà saranno al tuo servizio... Perché non vieni nella mia tenda a brindare alla memoria di Rothgar?» «Mi piacerebbe, ma non adesso. Non finché non avremo finito di implorare gli dei di assicurare a Rothgar un sereno passaggio nell'altra vita.» Lasciato Eragon, Orik tornò nel cerchio di nani e aggiunse la sua voce alle lamentazioni. Riprendendo il cammino per le Pianure Ardenti, Saphira disse: Rothgar era un grande re.

Sì, e un grande amico. Eragon sospirò. Dovremmo trovare Arya e Nasuada. Ormai non sono più in grado di guarire nemmeno un graffio, e loro devono sapere di Murtagh.

Sono d'accordo.

Si avviarono verso l'accampamento dei Varden, ma dopo appena qualche passo Eragon vide Roran venirgli incontro dal fiume Jiet. Si sentì prendere dalla trepidazione. Roran si fermò davanti a loro, con i piedi divaricati e ben piantati nel suolo, mentre la mascella si contraeva nello sforzo di parlare, ma era come se non riuscisse a emettere alcun suono. Poi sferrò a Eragon un pugno sul mento.

Sarebbe stato facile per Eragon evitarlo, e invece gli permise di colpirlo, ritraendosi appena quel tanto da evitare che Roran si sbucciasse le nocche.

E provò dolore.

Con una smorfia, Eragon affrontò il cugino. «Credo di essermelo meritato.»

«Stanne certo. Dobbiamo parlare.»

«Ora?»

«Non posso più aspettare. I Ra'zac hanno catturato Katrina, e mi serve il tuo aiuto per andarla a liberare. Katrina è in mano loro da quando siamo fuggiti da Carvahall.»

È così, allora. In quel momento Eragon capì perché Roran gli era parso tanto cupo e tormentato, e perché aveva portato l'intero villaggio nel Surda. Brom aveva ragione: Galbatorix ha mandato di nuovo i Ra'zac nella Valle Palancar. Aggrottò la fronte, dibattuto fra le sue responsabilità verso Roran e i suoi obblighi verso Nasuada. «C'è qualcosa che devo fare prima, poi potremo parlare. D'accordo? Puoi venire con me, se ti va.»

«Ti accompagno.»

Mentre avanzavano sulla terra martoriata, Eragon continuava a rivolgere occhiate furtive a Roran. Poi, a bassa voce, disse: «Mi sei mancato.»

Roran esitò, poi rispose con un brusco cenno della testa. Qualche passo dopo, disse: «Questa è Saphira, giusto? Jeod ha detto che si chiama così.»

«Sì.»

Saphira scrutò Roran con un occhio scintillante. Lui sostenne il suo esame senza distogliere lo sguardo, una cosa che pochi riuscivano a fare. Ho sempre voluto conoscere il compagno di cova di Eragon.

«Sa parlare!» esclamò Roran, quando Eragon ripetè le sue parole. Questa volta Saphira si rivolse direttamente alla sua mente. Cosa? Credevi che fossi muta come una lucertola del deserto?

Roran battè le palpebre. «Ti chiedo scusa. Non sapevo che i draghi fossero intelligenti.» Un sorriso amaro gli increspò le labbra. «Prima i Ra'zac e gli stregoni, ora nani, Cavalieri e draghi parlanti. A quanto pare il mondo è impazzito.» «A quanto pare.»

«Ho visto che duellavi con l'altro Cavaliere. L'hai ferito? Per questo è fuggito?»

«Aspetta. Lo saprai fra poco.»

Quando raggiunsero il padiglione che Eragon stava cercando, sollevò i lembi dell'ingresso ed entrò, seguito da Roran e dalla testa di Saphira. Al centro della tenda, Nasuada era seduta sul bordo del tavolo, impegnata in un'accesa discussione con Arya, mentre una cameriera l'aiutava a togliersi l'armatura ammaccata. La ferita alla coscia era stata guarita.

Nasuada s'interruppe a metà di un frase quando scorse i nuovi arrivati. Balzò giù dal tavolo e gettò le braccia al collo di Eragon, gridando: «Dov'eri finito? Credevamo che fossi morto o peggio.»

«Invece no.»

«La candela brucia ancora» mormorò Arya.

Facendo un passo indietro, Nasuada disse: «Non siamo più riusciti a vedere che cosa vi stava accadendo, dopo che tu e Saphira siete atterrati sul pianoro. Quando il drago rosso si è allontanato, e tu non tornavi, Arya ha cercato di mettersi in contatto con te, ma non sentiva niente, così abbiamo pensato...» Le mancò la voce. «Stavamo appunto discutendo del modo migliore per trasportare il Du Vrangr Gata e un intero battaglione di soldati dall'altra parte del fiume.»

«Mi dispiace. Non volevo farvi preoccupare. Solo che ero così stanco che mi sono dimenticato di abbassare le barriere mentali.» Poi Eragon presentò Roran. «Nasuada, vorrei presentarti mio cugino Roran. Ajihad deve avertene parlato. Roran, ledy Nasuada, capo dei Varden e mia signora. E questa è Arya Svit-kona, ambasciatrice degli elfi.» Roran s'inchinò a entrambe.

«È un vero onore conoscere il cugino di Eragon» disse Nasuada.

«Un vero onore» le fece eco Arya.

Quando ebbero finito le presentazioni, Eragon spiegò come l'intero villaggio di Carvahall era arrivato a bordo dell'Ala di Drago, e che Roran era il responsabile della morte dei Gemelli.

Nasuada inarcò un sopracciglio scuro. «I Varden sono in debito con te, Roran, per aver fermato la loro empietà. Chissà quali altre scelleratezze avrebbero potuto compiere i Gemelli prima che Eragon o Arya avessero il tempo di affrontarli. Ci hai aiutato a vincere questa battaglia, e non lo dimenticherò. Le nostre scorte sono limitate, ma provvedere affinchè ogni uomo e donna a bordo della vostra nave sia vestito e sfamato, e i malati curati.»

Roran s'inchinò ancora di più. «Grazie, ledy Nasuada.»

«Se non fossimo così a corto di tempo, mi piacerebbe sapere come e perché tu e il tuo villaggio siete sfuggiti agli uomini di Galbatorix, avete viaggiato fino al Surda, e ci avete trovati. Anche il solo elenco dei fatti nudi e crudi è di per sé un racconto straordinario. Intendo comunque conoscere i dettagli, specie perché sospetto riguardino Eragon, ma adesso devo occuparmi di questioni più urgenti.»

«Certo, ledy Nasuada.»

«Puoi andare, dunque.»

«Ti prego» intervenne Eragon, «lascia che resti. È giusto che sappia anche lui.»

Nasuada lo guardò, perplessa. «Va bene. Se lo desideri. Ma adesso basta con le chiacchiere. Veniamo al dunque. Dicci del Cavaliere!»

A beneficio di Roran, Eragon cominciò con una breve storia delle ultime tre uova di drago - due delle quali si erano ormai schiuse - spiegando chi fossero Morzan e Murtagh. Poi continuò descrivendo il duello suo e di Saphira con Castigo e il misterioso Cavaliere, dando particolare rilievo ai suoi poteri straordinari. «Quando si è rigirato la spada nella mano, mi sono reso conto che avevo già duellato contro di lui, così gli sono balzato addosso e gli ho strappato l'elmo.» Eragon fece una pausa.

«Era Murtagh, vero?» chiese Nasuada in tono sommesso.

«Come...?»

La donna sospirò. «Se i Gemelli erano sopravvissuti, va da sé che lo era anche Murtagh. Ti ha detto cosa è successo davvero quel giorno nel Farthen Dùr?»

Così Eragon raccontò come i Gemelli avevano tradito i Varden, reclutato gli Urgali e rapito Murtagh. Una lacrima scivolò sulla guancia di Nasuada. «È un peccato che sia accaduto a Murtagh, dopo che ne aveva già passate tante. Mi piaceva la sua compagnia a Tronjheim e credevo che fosse nostro alleato, malgrado le sue origini. Mi è difficile pensarlo come nemico.» Poi si rivolse a Roran. «Si direbbe che io sia personalmente in debito con te per aver eliminato i traditori che hanno assassinato mio padre.» Padri, madri, fratelli, cugini, pensò Eragon. Ogni cosa si stringe intorno alla famiglia. Facendo appello a tutto il suo coraggio, completò il racconto con il furto di Zar'roc da parte di Murtagh e la sua terribile rivelazione finale.

«Non è possibile» mormorò Nasuada.

Eragon lesse spavento e repulsione sul volto di Roran, prima che riuscisse a nascondere le proprie emozioni. Questo lo ferì più di ogni altra cosa.

«Forse Murtagh mentiva» suggerì Arya.

«Non vedo come. Quando ho insistito, mi ha ripetuto la stessa cosa nell'antica lingua.»

Un lungo, sgradevole silenzio riempì il padiglione.

Poi Arya disse: «Nessun altro deve saperlo. I Varden sono già abbastanza demoralizzati per la presenza di un nuovo Cavaliere. E resteranno ancora più sconvolti quando sapranno che si tratta di Murtagh, con cui hanno combattuto e di cui si sono fidati nel Farthen Dùr. Se si sparge la voce che Eragon Ammazzaspettri è il figlio di Morzan, gli uomini perderanno ogni illusione e nessuno vorrà più unirsi a noi. Nemmeno re Orrin dovrà saperlo.»

Nasuada si massaggiò le tempie. «Temo che tu abbia ragione. Un nuovo Cavaliere...» Scosse il capo. «Sapevo che un'eventualità del genere era possibile, ma non credevo che si sarebbe realizzata, dato che le ultime uova di Galbatorix continuavano a non schiudersi.»

«C'è una certa logica» osservò Eragon.

«La nostra missione è due volte difficile, ora. Oggi abbiamo vinto, ma l'Impero è ancora molto più numeroso, e adesso ci troviamo ad affrontare non uno ma due Cavalieri, entrambi molto più potenti di te, Eragon. Credi di poter sconfiggere Murtagh con l'aiuto dei maghi elfici?»

«Forse. Ma dubito che sia tanto sciocco da combattere loro e me insieme.» per lunghi minuti, discussero degli effetti che Murtagh poteva avere sulla loro campagna, e delle strategie per ridurli o eliminarli. Alla fine Nasuada disse: «Basta così. Non possiamo decidere ora, sporchi, stanchi e ottenebrati dalla battaglia. Andate a riposarvi, e riprenderemo il discorso domattina.»

Quando Eragon si volse per andarsene, Arya si avvicinò e lo guardò dritto negli occhi. «Non farti affliggere troppo da questa storia. Tu non sei tuo padre e non sei tuo fratello. La loro infamia non è la tua.»

«Giusto» disse Nasuada. «E non pensare che questo sminuisca la nostra stima nei tuoi riguardi.» Gli prese il viso fra le mani. «Io ti conosco, Eragon. Hai il cuore buono. Il nome di tuo padre non può cambiarlo.»


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